Dopo un po’ di tempo ritorniamo a scrivere qualcosa sul nostro blog. Un paio di mesi fa si pensava a tutto tranne che a questa situazione che nessuno poteva immaginare. Il Mondo, e l’Italia in testa, è alle prese con una pandemia che sta cambiando le nostre abitudini.
Il COVID-19 sta portando morte, dolore, malati e un blocco totale di tutte le attività non essenziali.
Siamo tutti coinvolti! Un pensiero deve essere dedicato alle persone che non sono riuscite a superare la malattia. Si scrive, poi, molto di eroi: degli ospedali, della protezione civile, delle forze di sicurezza, dei supermercati, dei trasporti e degli altri operatori che stanno garantendo la continuità delle attività strutturali del Paese.
Gli scienziati di tutto il mondo si adoperano per trovare una cura e un vaccino per consentirci di riprendere una vita normale. Nel frattempo non possiamo più stare fermi. Dobbiamo riprenderci le nostre vite, i nostri interessi e le nostre economie, ma come fare?
Task force, esperti e addetti ai lavori ipotizzano scenari nei quali il contatto sociale sarà molto contenuto e limitato. La sicurezza diventerà uno standard, il mondo del lavoro sarà riorganizzato (favorendo, ove possibile, lo smartworking), i trasporti adattati per garantire il giusto distanziamento sociale.
E’ ovvio che l’attenzione e le principali energie siano dedicate al mondo sanitario e al mondo economico. Subito dopo possiamo collocare gli altri settori ed uno fra questi è sicuramente l’ambito sportivo, sia come fenomeno con il quale si contribuisce allo sviluppo economico, sia come strumento di socializzazione, di benessere fisco e di svago.
Tralasciando tutte le connessioni economiche e il business generato del comparto sportivo, possiamo fare una riflessione solo su aspetti di natura sportiva.
Gli impatti dell’attuale lockdown colpiscono differentemente tre categorie di sportivi: professionisti, dilettanti e amatori.
Per i primi questo momento, con le giuste proporzioni, è drammatico; non potersi allenare con regolarità e in condizioni normali è davvero un grande problema. Un atleta di altissimo livello deve stare sempre al top e allenarsi, sempre, nelle condizioni ottimali. Oggi a casa può solo curare la parte atletica ma non quella tecnica o tattica, alla lunga questo sarà deleterio per la condizione generale e, considerando che nessuno è un robot, riprendere un allenamento completo sarà molto difficile.
I dilettanti hanno problemi più ridotti sull’aspetto tecnico-agonistico. La vera criticità sta nel fatto di non poter competere nella propria disciplina a prescindere da una condizione sportiva al massimo della prestazione. La mancanza di socializzazione e l’assenza della competizione sportiva sono le costrizioni più pesanti.
Infine gli amatori che stanno vivendo questo momento come una privazione. Si soffre per la mancanza di uno sfogo, per la perdita di abitudini e per il dover rinunciare alla propria passione.
Noi del TennisTavolo Soriano ci collochiamo un po’ a cavallo tra i dilettanti e gli amatori. Sono ormai passati circa due mesi dall’ultima partita a squadre e ancora di più dall’ultimo allenamento: niente più racchetta, niente più pallina, niente più palestra e nessuno sfottò.
Siamo rimasti “appesi”, a tre giornate dalla fine del Campionato con la D2 in testa al girone, senza nessun tipo d’indicazione. La FITET probabilmente sta riflettendo sul come procedere e sul come programmare la prossima stagione dal punto di vista organizzativo ed economico.
Il tempo passa e ormai la stagione 19/20 sembra compromessa; tutti i segnali ci dicono che, molto probabilmente, dobbiamo pensare alla prossima con regole comportamentali diverse.
Come terminerà questa stagione agonistica?
Come sarà il tennistavolo ai tempi del Coronavirus?
Alla FITET le risposte!
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